Piastrella antica clessidre e marmo dipinto a mano

Piastrella antica clessidre e marmo dipinto a mano

Originale

Piastrella antica 20x20 cm.
Bianco ossido d'alluminio, blu cobalto e ocra.

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13 Disponibili

40,00 €



Scheda dati


Spessore 1,8 cm
Peso 1,3 Kg
Antica manifattura di origine GIOVANNI TAJANI E FRATELLI
Lato X Lato 20x20 cm
Materiale Maiolica

Ulteriori informazioni

CENNI STORICI DELLA MANIFATTURA : TAJANI [VIETRI SUL MARE]

A. TAJANI - IN VIETRI

La fabbrica Tajani produceva 80.000 quadrelle a vernice stannifera, stando al famoso censimento del 1888, che , confrontate con le 18.000 riggiole del 1857, indicano nella seconda metà del XIX secolo il raggiungimento di un alto livello quantitativo che corrisponde a quello qualitativo, a giudicare dagli esemplari del Museo Vietrese. Li troviamo protagonisti anche in prodotti che risentono della corrente dell'orientalismo, realizzando formelle con scene esotiche, e naturalmente dalla loro fabbrica uscivano pure altre tipologie ceramiche. Numerosi furono i riconoscimenti, come daltra parte accadeva ai Punzi e agli Sperandeo: si sottolineavano, da parte delle giurie nelle esposizioni italiane ed estere cui presero parte proprio la composizione, le cromie e la varietà dei pavimenti.

Dai bolli si avvincono i nomi di Giovanni e di Antonio, ma la genealogia della famiglia è piuttosto complessa, nonostante i lodevoli distinguo operati da Aniello Tesauro: un Giovanni nato nel 1823 era pittore di riggiole; 3 sono gli Antonio ricordati, uno vissuto tra il 1803 e il 1857, fabbricante di Faenza, il secondo tra il 1829 e il 1892, pittore faenzaro, il terzo nato nel 1849, studente, che forse gestì la Fabbrica di Molina di Vietri sul mare, ricordata nel censimento del 1911. In base a questa menzione va rivista la data di cessazione dell'attività 1905-06.

Gli influssi della cultura napoletana di Maria Reginella

Ma più che risalire all'influenza di ceramisti stranieri, sembra più realistico che Armao si sia ispirato ad alcuni prototipi delle più importanti fabbriche napoletane del tempo, come quelle dei Giustiniani, della Succursale delle donne, dei Fratelli Tajani, di Tommaso Bruno, già da tempo presenti nel mercato dell'isola. Infatti, la raffinata gamma coloristica e i motivi decorativi della produzione Armao sono più vicini alla produzione napoletana, piuttosto che a quella marsigliese, o calatina, o palermitana.

Questa ipotesi è supportata non solo dal confronto tra le due tipologie, ma anche da una motivazione storica. Armao, alla vigilia della rivoluzione del 1848, era uno dei membri del Comitato Civico Insurrezionale, antiborbonico, collegato a quello centrale di Napoli e per questo motivo era stato sottoposto a sorveglianza speciale dagli organi di polizia (è da ricordare per esempio che il moto antiborbonico messinese del 1° settembre 1847 era stato predisposto proprio dal Comitato centrale napoletano).

La comunanza di ideali politici può farci supporre che Armao abbia avuto la possibilità di avere contatti con ambienti napoletani, o che abbia avuto modo di conoscere direttamente la produzione delle fabbriche del tempo.

Il tema storico del pannello decorativo che raffigura l'Imperatore Napoleone III è stato ritenuto "la dimostrazione più evidente della presenza dei ceramisti francesi a Santo Stefano". È da supporre invece che sia stato realizzato su modello di una stampa francese, e la motivazione può ricercarsi nel momento storico in cui visse don Gaetano Armao che aveva un passato di patriota antiborbonico, essendo un sostenitore dell'Unità d'Italia. L'Imperatore Napoleone III nel Congresso di Parigi del 1856 aveva appoggiato la causa italiana e un mese dopo aveva rotto, insieme con l'Inghilterra, i rapporti diplomatici con la corte borbonica, una rottura che qualche anno dopo avrebbe impegnato Napoleone e le sue truppe nella seconda guerra d'indipendenza.

Nel 1861 all'Esposizione Italiana di Firenze Gaetano Armao venne premiato e il vecchio marchio fu sostituito da un ovale, con al centro uno stemma raffigurante un braccio armato che impugna uno spadino (quasi a rivendicare la discendenza dall'antenato don Michele Armao) con la nuova iscrizione "Premiata fabbrica Fratelli Armao". Nella seconda metà del XIX secolo la fabbrica Armao produceva mensilmente 15.000 mattoni maiolicati e possedeva a Palermo, nelle vicinanze, del porto della Cala, un grande deposito per imbarcare la produzione da esportare anche nei paesi del Nord-Africa. Ancora oggi è possibile ammirare alcuni pannelli parietali nei palazzi nobiliari o nei porticati delle moschee a Tunisi, in Algeria ed anche in Turchia.

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