Coppa Valentino - vaso in terracotta del Vanvitelli alla Reggia di Caserta

Coppa Valentino - vaso in terracotta del Vanvitelli alla Reggia di Caserta

2519

Nuovo

Nostra produzione, copia di un esemplare ottocentesco napoletano.
Calco / Forma di nostra proprietà.

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1 Disponibile

370,00 €



Scheda dati


Altezza 62 cm
Artista / Ideatore / Architetto Luigi Vanvitelli (Napoli, 12 maggio 1700 – Caserta, 1º marzo 1773)
Base quadrata - lato x lato 26 X 26 cm
Diametro esterno 49 cm
Diametro interno 43 cm
Manifattura Recuperando srl
Materiale Terracotta

Ulteriori informazioni


Coppa Reale, disegno del "Vanvitelli"  Descritto nel libro:
"LE TERRECOTTE NELLA TRADIZIONE PARTENOPEA"    di Agostino Bossi
Grande vaso con decorazioni a rilievo di memoria classica; l'andamento dei festoni alternati a maschere sulla superficie liscia, le notevoli dimensioni, l'equilibrio delle proporzioni tra base e contenitore gli conferiscono una particolare eleganza arcaica. E' frequente la presenza di questo oggetto nelle rappresentazioni dei vedutisti del centro Italia dell'800.

Un tempo si potevano osservare numerosi esemplari nella "Reggia di Caserta", lungo la via rampante, sotto la fontana dei delfini (L. e C. Vanvitelli). Ad oggi, abbiamo fatto indagini, i vasi sono scomparsi e non riusciamo a capire dove l'amministrazione li ha collocati. Forse al museo di Capodimonte a Napoli.

Luigi Vanvitelli (Napoli, 12 maggio 1700 – Caserta, 1º marzo 1773) è stato un pittore e architetto italiano di origine olandese.
Il Vanvitelli è considerato uno dei maggiori interpreti del periodo del Rococò; eseguì un cospicuo numero di opere che ancor oggi caratterizzano il paesaggio di varie città italiane: a Caserta la scenografica Reggia, alla quale il suo nome è tuttora indissolubilmente legato, e l'imponente acquedotto Carolino; ad Ancona il grande Lazzaretto, su un'isola artificiale pentagonale da lui realizzata, e la chiesa del Gesù; a Napoli il Foro Carolino, il palazzo Doria d'Angri, la chiesa della Santissima Annunziata; a Roma il difficile restauro della Basilica di Santa Maria degli Angeli.
Si affermò in seguito alla partecipazione ai concorsi per la Fontana di Trevi e per la facciata di San Giovanni in Laterano: i suoi progetti, pur non risultando vincitori, furono molto apprezzati e ne rivelarono l'estro artistico. Assurto a notorietà, fu molto attivo in centro Italia, in particolare ad Ancona e a Roma, per poi essere assunto al servizio di Carlo di Borbone, per il quale realizzò .
Luigi Vanvitelli nacque il 12 maggio 1700 a Napoli, dove il padre, il vedutista olandese Gaspar van Wittel, si era trasferito per lavorare nel cantiere del palazzo Reale, su invito del viceré Luigi Francesco de la Cerda, duca di Medinaceli; fu proprio in onore del viceré che al fanciullo venne imposto il nome di Luigi.
Pochi anni dopo la nascita del figlio, Gaspar decise di trasferirsi a Roma, portando Luigi e la moglie Anna Lorenzani con sé. L'iniziale formazione di Vanvitelli avvenne, nell'ambito artistico capitolino, sotto la guida del padre, che non di rado gli passava i propri album da disegno, invogliandolo a continuare, e del nonno materno Andrea Lorenzani, intanto, Vanvitelli poté costruire anche la propria cultura figurativa, sostanziata da un erudito classicismo derivato dal contatto diretto con gli antichi monumenti della città eterna.
Il precoce e versatile talento del Vanvitelli, tuttavia, venne nel 1715 definitivamente indirizzato verso l'architettura dall'architetto siciliano Filippo Juvarra, impegnato in quei mesi nella progettazione della Sagrestia Vaticana. Come testimoniato dallo scrittore Lione Pascoli, quando lo Juvarra esaminò alcuni disegni eseguiti dal Vanvitelli, rimase meravigliato dalle sue eccezionali doti grafiche: «glieli lodò assaissimo, e mostrò di meravigliarsi, che in giovanile età oprasse da provetto. L'esortò a perseverare ne' cominciati studi dicendoli che miglior fortuna fatta avrebbe in questi, che in quelli della pittura, perché molti erano i pittori che allora con fama esercitavano l’arte, e rari gli architetti». Fu grazie a queste lodi che Vanvitelli manifestò una sincera inclinazione all'architettura, che iniziò a studiare proprio sotto la guida dello Juvarra, del quale si sentiva un discepolo;[3] proseguì i suoi studi autonomamente, studiando da autodidatta i testi di Vitruvio e dei trattatisti del Cinquecento.
Il rapporto tra Luigi e il padre si trasformava intanto da un discepolato a una fattiva collaborazione: Vanvitelli, infatti, accompagnava papà Gaspar nel lavoro e lo assisteva nell'esercizio della pittura, aiutandolo a disegnare e a colorare. Da lui Vanvitelli derivò una salda nitidezza di tecnica ed uno stile fatto di ampi spazi pieni di luce, che avrebbe poi applicato molto spesso nelle sue realizzazioni architettoniche. Ma nelle vedute di van Wittel, d'altronde, gli elementi architettonici e strutturali si impongono sulle figure, quasi come se le architetture stesse facessero parte del paesaggio naturale; questa contrapposizione tra il paesaggio ideale e la veduta reale è l'insegnamento più valido impartito da papà Gaspar al figlio apprendista architetto. Accanto all'architettura, comunque, Vanvitelli si applicò anche alla scenografia (precisamente a Roma, al teatro della Pace a al Capranica) e alla pittura, conseguendo risultati mediocri: sue realizzazioni pittoriche, in ogni caso, sono la decorazione absidale della chiesa del Suffragio, a Viterbo, con Daniele nella fossa dei leoni, a Roma gli affreschi e la pala dell'altare delle Reliquie nella chiesa di Santa Cecilia e alcuni dipinti nella chiesa di San Bartolomeo dei Bergamaschi.


 

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