Busto di Cosimo II dei Medici in terracotta patinata a bronzo - nostra produzione

Busto di Cosimo II dei Medici in terracotta patinata a bronzo - nostra produzione

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Nuovo

Busto di Cosimo II dei Medici in terracotta patinata a bronzo come l'originale seicentesco del Labirinto della Masone a Fontanellato (Parma).

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1 Disponibile

980,00 €



Scheda dati


Altezza 92 cm
Larghezza 60 cm
Profondità 50 cm
Peso 40 Kg
Base quadrata - lato x lato 24 X24 cm
Materiale Terracotta

Ulteriori informazioni

Cosimo II de' Medici (Firenze, 12 maggio 1590 – Firenze, 28 febbraio 1621) è stato Granduca di Toscana dal 1609 al 1621.
Durante gran parte dei suoi undici anni di regno, delegò perlopiù l'amministrazione della Toscana ai suoi ministri. È noto in particolare per essere stato il patrono di Galileo Galilei, suo tutore in giovinezza.
Cosimo II era il figlio primogenito del granduca di Toscana, Ferdinando I de' Medici, e di sua moglie Cristina di Lorena, figlia del duca Carlo III. Fin da piccolo ricevette un'educazione moderna e scientifica, improntata a fornirgli ampie conoscenze in tutti i campi, sperimentando in particolare la cultura classica, la cosmografia, il disegno, la matematica, la meccanica, la danza, oltre allo studio di diverse lingue quali il tedesco ed il castigliano che parlava fluentemente. Tra il 1605 e il 1608 ebbe come precettore anche Galileo Galilei e fu questa l'inizio di una grande amicizia che durò fino alla prematura scomparsa di Cosimo II. Nel 1606 il Galilei dedicò le sue "Operazioni del compasso geometrico et militare", un trattato sull'uso e l'utilità del compasso. Cosimo ricevette anche un'adeguata preparazione militare e cavalleresca sotto la guida di Silvio Piccolomini, gran connestabile dell'Ordine di Santo Stefano e già generale delle artiglierie granducali, il quale lo avviò all'equitazione ed alla caccia. Altri suoi insegnanti in giovinezza furono il letterato senese Celso Cittadini ed il fiorentino Piero di Giovanni Francesco Rucellai.
Il padre Ferdinando, sempre alla ricerca di un equilibrio tra Francia e Spagna, che aveva sposato una principessa francese, scelse come sposa per il giovane Cosimo la sorella della regina di Spagna, l'arciduchessa Maria Maddalena d'Austria: il matrimonio, celebrato con grande fasto a Firenze nel 1608, fu felice e allietato dalla nascita di ben otto figli. Alla cerimonia fece seguito la rappresentazione delle Argonautiche direttamente sulle acque dell'Arno.
Nel 1609 moriva Ferdinando I e il figlio saliva al trono appena diciannovenne; la sua salute era però già minata dalla tubercolosi e il nuovo granduca, conscio della propria debolezza fisica e dall'insorgere anche di una malattia di stomaco dal 1614, si appoggiò per governare al primo ministro Belisario Vinta, oltre alla presenza di molti familiari influenti a corte tra cui la madre, il fratello Francesco, lo zio Giovanni (figlio naturale di Cosimo I) e soprattutto sua moglie.
Merito del granduca, conscio delle proprie cagionevoli condizioni di salute, fu di favorire la nascita di una collaborazione tra i numerosi figli, in modo che il primogenito Ferdinando II de' Medici non si trovasse ad affrontare la pesante eredità del governare da solo. Inoltre, Cosimo II diede precise disposizioni per la reggenza successiva (niente incarichi a stranieri, non tenere confessori a corte che non fossero francescani, non toccare il tesoro granducale), affidata alla madre ed alla moglie fino alla maggiore età del principe ereditario Ferdinando, che però non furono rispettate dalle due donne.
Cosimo II mantenne sempre un grande interesse per la scienza e fu amico e protettore di Galileo Galilei: nel 1610 lo scienziato pisano fu richiamato in patria, dove ottenne una cattedra all'Università di Pisa, senza obbligo di lezioni e fu nominato Filosofo e Matematico di corte. In tale occasione, Galileo pensò bene di ringraziare il Granduca dedicandogli il "Sidereus Nuncius" e chiamando "medicea sidera" (astri medicei) i quattro satelliti di Giove da lui scoperti. Nel 1616, in occasione di un primo tentativo dell'Inquisizione di condannare lo scienziato, Cosimo II fu determinato nel sottrarre il celebre suddito alla giustizia romana.
La politica estera sotto il regno di Cosimo II fu un continuo destreggiarsi tra Spagna e Francia nel tentativo di non entrare in nessun conflitto, ma ciò con scarsi risultati. Infatti, Cosimo II fu costretto a cospicue donazioni sia in truppe che in denaro in favore degli spagnoli e del nipote Ferdinando Gonzaga (figlio di una sua cugina) durante la guerra di successione di Mantova: nel 1613, durante la prima invasione di Carlo Emanuele di Savoia nel Monferrato, Cosimo II si impegnò ad inviare ai Gonzaga un aiuto militare ma i contingenti toscani vennero bloccati dall'intervento degli estensi e del pontefice al passaggio sulle loro terre, giungendo in ritardo sul campo di battaglia quando ormai gli scontri erano terminati. Successivamente (1614-18), prestò denaro e uomini agli spagnoli nel corso delle guerre combattute dal Ducato di Milano ancora una volta contro Carlo Emanuele di Savoia, in adempimento di una sudditanza di tipo feudale che egli nutriva nei confronti della Spagna. Nel 1617 fece la scelta di intervenire una seconda volta al fianco di Ferdinando Gonzaga in occasione della seconda invasione sabauda del Monferrato.
Sempre nel 1617, Cosimo II venne chiamato ad intervenire nella crisi di rapporti scoppiata tra Luigi XIII di Francia e la madre, Maria de' Medici, in relazione all'assassinio del consigliere francese di origini toscane Concino Concini. Il sovrano francese richiese alla morte del traditore la confisca dei beni che la famiglia Concini possedeva a Firenze, richiesta a cui Cosimo II non poté opporre il proprio rifiuto, ma quando il re di Francia deliberatamente decise di catturare dei vascelli toscani ormeggiati in Provenza in segno di rappresaglia, Cosimo procedette con la confisca di quelli provenzali di stanza a Livorno. I rapporti col tempo si smorzarono e la questione si risolse positivamente per la Toscana.
Nel 1619 il granduca ottenne la richiesta di aiuto da parte dell'imperatore e per lui riuscì a reclutare un reggimento da inviare in Germania a spese dello stato toscano il quale, pur non dimostrandosi risolutivo nella Guerra dei Trent'anni, costituì il pretesto per Cosimo di aspirare all'assegnazione del feudo di Piombino. Già dal 1621, però, il reggimento venne licenziato dalla corte imperiale e con questo atto terminarono anche le aspettative di Cosimo II.
Il granduca Cosimo II in un ritratto d'epoca
Nel tentativo di perseguire il sentimento anti-ottomano nell'ideale cristiano di una nuova crociata contro i turchi e di aprire nuove rotte commerciali, prese parte con la marina toscana ad alcune spedizioni in Africa settentrionale che portarono alla conquista della fortezza di Disto in Negroponte e di quella di Elimano in Caramania. Cercò dal 1609 di appoggiare lo scià di Persia, Abbas il Grande, nel suo tentativo di mettere in crisi l'Impero ottomano, ma ancora una volta quest'operazione non ebbe successo anche a causa dei tentennamenti dello stesso Cosimo II che non si sentiva pronto a condurre una guerra contro gli ottomani senza aver prima sentito il parere del papa e della Spagna in merito, senza contare il fatto che la liberazione di Gerusalemme sembrava ancora lontana dal poter essere realizzata con un manipolo di uomini.
Nonostante queste complicazioni in campo internazionale, il governo di Cosimo II fu saggio ed intelligente ed assicurò alla Toscana un periodo di benessere economico e di crescita demografica, malgrado alcuni anni di cattivi raccolti.
Cosimo II si dedicò assiduamente allo sviluppo della flotta toscana, guidata dall'ammiraglio Jacopo Inghirami, che in quegli anni si distinse in alcune azioni contro la flotta ottomana e allo sviluppo del porto di Livorno, per il quale se da una parte riconfermò e ampliò le leggi del padre a favore dello sviluppo della nuova città, dall'altra ne ridimensionò i progetti troppo grandiosi per il bacino d'utenza, essenzialmente limitato al territorio granducale. Acquistò i feudi di Scansano e Castellottieri in Maremma oltre a quello di Terrarossa in Lunigiana, ma dovette abbandonare i disegni di conquista del Principato di Piombino, dell'Isola d'Elba, di Pianosa e Montecristo dopo la morte di Jacopo VII Appiani nel 1603 (operazioni di recupero dei territori già iniziate da suo padre Ferdinando I). Malgrado gli intenti, l'investitura dei feudi passò a Isabella Appiani nel 1611 ed al marito di questi Giorgio Mendoza, conte di Binasco, il quale volle garantire la successione alla sua famiglia una volta defunta la moglie. Cosimo II, deluso ed affranto anche dal comportamento dell'Imperatore che sembrava favorire l'investitura ad altri piuttosto che a lui, rinunciò al possesso dell'Elba anche quando il sovrano del Sacro Romano Impero gliela offrì in forma di pegno per un prestito di 500.000 ducati.
Cosimo II morì, poco più che trentenne, il 28 febbraio 1621. Gli successe il figlio Ferdinando.
Fonte Wikipedia


 

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