canopo etrusco riproduzione in terracotta museo archeologico Firenze

canopo etrusco riproduzione in terracotta museo archeologico Firenze

12239

Nuovo

Copia accademica dei meravigliosi coperchi dei Canopi Etruschi.
L'originale da cui abbiamo tratto spunto è conservato nel Museo Archeologico di Firenze.
L'originale Fiorentino è riconducibile alla prima metà del VI sec. /inizio del V sec. a.C.
La basetta in marmo giallo reale costa 90€.

Più dettagli

280,00 €



Scheda dati


Altezza 22 cm
Larghezza 19 cm
Profondità 15 cm
Peso 3,5 Kg
Altezza base inclusa 36 cm
Base quadrata - lato x lato 14 X 14 cm
Manifattura Toscana
Materiale Terracotta, ferro e marmo
Museo dove è esposto l'Originale Museo Archeologico Firenze
Nota 01 Fatto a mano

Ulteriori informazioni

Canopo - Vaso cinerario, proprio dell'etrusca Chiusi, con il corpo panciuto e il collo o il coperchio foggiato a testa umana. Questa ricordava ai vivi la fisionomia dei loro cari defunti che vivevano una seconda vita nell'al di là. I canopi hanno tale esattezza di lineamenti e potenza espressiva, da poter essere considerati a ragione come i primi esempi dell'arte del ritratto su suolo italico. Il prototipo dei canopi è stato cercato nella civiltà dei terramaricoli e in esso sono stati riconosciuti influssi frigi o fenicio-ciprioti: in verità l'uso di ornare con fattezze umane il corpo di alcuni vasi risale all'antichità remotissima, poiché esemplari di questo genere si sono trovati negli strati premicenei di Troia. Essi sono peraltro del tutto diversi dal canopo etrusco. Il canopo nasce come prodotto d'arte autoctono del territorio chiusino e ha una sua propria evoluzione. Nel secolo VII troviamo dei cinerarî a collo molto lungo, ma aniconici; uno di questi, proveniente da Poggio alla Sala, appare posto su di un trono; esso rappresenta quindi simbolicamente il defunto. Sempre nello stesso secolo s'incomincia a individuare il cinerario applicando delle maschere in bronzo o in terracotta al collo del vaso. Dal tipo così ottenuto è breve il passo al canopo vero e proprio. La prima metà del sec. VI è il periodo della maggior fioritura dei vasi canopici. Si pone ogni cura nel ritrarre i lineamenti del defunto, e spesso per indicare il corpo umano si applicano sulla superficie del vaso due bitorzoli che indicano le mammelle e ai lati due braccia. Un esemplare da Dolciano è il miglior rappresentante dei canopi di bronzo. La testa, di argilla, è accuratamente lavorata, con la zazzera che arriva all'anca; il trono, su cui è posto, è decorato coi soliti motivi dell'arte orientalizzante, cioè con animali alati. Più semplice, ma non meno accurato, è un canopo di terracotta proveniente da Chiusi e ora al Museo civico di Bologna.

Museo Archeologico di Firenze.
Il Museo archeologico nazionale di Firenze si trova nel Palazzo della Crocetta che risale al 1620, quando Giulio Parigi, su disposizione di Cosimo II, ristrutturando e ampliando alcuni immobili dei Medici, ne fece la residenza della principessa Maria Maddalena de' Medici, sorella di Cosimo e con gravi disabilità fisiche.
Il museo raccoglie il meglio degli scavi di tutta la Toscana, con importantissimi reperti etruschi e romani, ma anche raccolte relative ad altre civiltà, come un'importante sezione egizia e una di vasi greci, molti dei quali rivenuti in tombe etrusche, a testimonianza dei numerosi scambi commerciali nel Mediterraneo.
Fu inaugurato come "Museo etrusco" alla presenza del re Vittorio Emanuele II nel 1870 nei locali del Cenacolo di Fuligno in via Faenza e comprendeva solo i reperti etruschi e romani. Presto con l'aumento delle collezioni si rese necessaria un'altra collocazione e dal 1880 fu trasferito nell'odierna sede, unendosi al "Museo Egizio", che esisteva già dal 1855. Il palazzo ebbe presumibilmente un restauro nel 1883-1884 ad opera dell'architetto Emilio De Fabris, in concomitanza con il riordino delle collezioni e il nuovo allestimento voluto dall'allora direttore, Luigi Adriano Milani. Nel 1897 fu inaugurata la sezione del Museo Topografico, sempre voluta dal Milani, a illustrare la storia degli Etruschi attraverso i materiali raccolti nel corso degli scavi.
All'origine delle collezioni vi sono le raccolte medicee e lorenesi, trasferite a più riprese dagli Uffizi fino al 1890 (tranne la statuaria in marmo più prestigiosa, che ancora lì si trova). La sezione egizia invece fu costituita nella prima metà dell'Ottocento sia attraverso acquisizioni di Pietro Leopoldo di Toscana, sia attraverso una spedizione promossa dallo stesso granduca nel 1828-29 dal toscano Ippolito Rosellini insieme al francese François Champollion, colui che decifrò i geroglifici. Nel 1887 fu inaugurato anche un Museo Topografico della civiltà etrusca, che andò distrutto durante l'alluvione del 1966.
Nel giardino, aperto al pubblico dal 1902, furono ricostruite con materiali originali alcune tombe etrusche monumentali, prelevate dal territorio. Nel periodo della direzione di Antonio Minto il museo fu ulteriormente riconfigurato e ampliato fino ad occupare anche il secondo piano (1925). Nel 1942, poi, sempre per esigenze di spazio, fu acquistato l'edificio che si affaccia all'angolo di Piazza Ss, Annunziata, fino ad allora pertinenza dell'Ospedale degli Innocenti, nel quale fu realizzato un nuovo ingresso sulla Piazza, a lato della Basilica della Ss Annunziata.
Drammaticamente colpito dall'alluvione del 4 novembre 1966 (che portò alla distruzione del Museo Topografico) l'edificio fu interessato da alcuni interventi tra il 1967 e il 1970 e quindi da un importante cantiere di restauro tra il 1984 e il 1988, su progetto e direzione dei lavori dell'architetto Bruno Pacciani.
Nel 2006, in occasione del quarantennale dell'alluvione, si è finalmente concluso il ripristino delle sale al primo piano e riportato l'ingresso sulla piazza (che fino ad allora si apriva su via della Colonna). Il Salone del Nicchio, ampio ambiete adiacente all'ingresso sulla Piazza, è stato destinato alle esposizioni temporanee e si è iniziato un riallestimento generale delle collezioni, che ha già dato i suoi frutti nella sezione delle collezioni etrusche, greche e romane al secondo piano, così come nella sezione del Museo Egizio al primo, mentre un progetto di riallestimento totale del Museo è in attesa di essere finanziato.
Gradualmente si è dato il via anche all'ammodernamento della sezione etrusca e delle sale vicine al vecchio ingresso e prospicienti al giardino. Nei depositi restano comunque più di centomila oggetti di valore, per i quali sarà difficile trovare un posto nel percorso espositivo, cosa perla quale la recente nuiva direzione del Museo (dal 2015) prevede esposizioni a rotazione.
Un punto debole che si riscontra a Firenze è la generale messa in secondo piano dell'archeologia da parte del sentire cittadino, forse più legato al passato medievale e rinascimentale.
Situata al primo piano subì gravi danni durante l'alluvione di Firenze del 1966. Il restauro dei reperti ha occupato tutto il quarantennio successivo ed oggi, dal 2000 circa, è stato completato, anche se rimangono ancora da riformulare gli allestimenti di numerose sale.
Il pezzo forte della collezione è senza dubbio la Chimera d'Arezzo, una delle più famose opere della civiltà etrusca (IV secolo a.C.), un plastico bronzo raffigurante la mitica fiera leonina, che fu restaurata da Francesco Carradori nel 1785, il quale ricostruì la coda serpentina che mordeva la testa di capra sul dorso, mentre entrambe avrebbero dovuto rivolgersi minacciose verso l'osservatore. Fu trovata in una campo vicino ad Arezzo nel 1553 e presentata a Cosimo I dal Vasari. Sulla zampa anteriore destra presenta un'iscrizione.
La chimera si trova oggi esposta in una saletta (affrescata da Jacopo Chiavistelli), vicino al altri bronzi celebri, in particolare a un altro capolavoro del museo, la statua a tutto tondo dell'Arringatore (I secolo a.C.), ritratto del nobile etrusco Aule Metelle con la toga romana, mentre alza il braccio verso l'osservatore e l'ipotetica folla, venuto alla luce nel 1566 probabilmente nei pressi del lago Trasimeno. Nella medesima sala si trova poi una testa di giovinetto, da Fiesole, databile al 330-300 a.C. circa. Completa la sezione il bronzo della Minerva d'Arezzo, originale capolavoro etrusco di ispirazioen greca, recentemente finito di restaurare.
Gran parte degli altri reperti riguarda soprattutto la scultura funeraria, in particolare le urnette e i sarcofagi. Tra questi ultimi spiccano l'urna in alabastro chiamata del Bottarone, dal nome del sito di ritrovamento vicino a Città della Pieve, con due figure scolpite di uomo sdraiato e donna seduta, di notevole effetto plastico e con tracce di policromia originale; il sarcofago dell'obeso, (II secolo a.C.) e quello 77977, in alabastro, con il defunto recumbente sul kline a spalliera e scena dei galati che saccheggiano il santuario di apollo a delfi (210 a.C. circa), entrambi da Chiusi.
Il sarcofago di Larthia Seianti (II secolo a.C.) è in terracotta con eccezionali tracce di policromia e proviene da Chiusi: rappresenta una donna patrizia di alto rango, sdraiata sul triclinio che con un gesto della mano si aggiusta il velo sulla testa. Vicino è esposto anche un coperchio d'urna con defunto e demone dell'oltretomba, in pietra fetida, rinvenuto a Chianciano Terme.
Rarissimo è poi anche il Sarcofago delle Amazzoni (IV secolo a.C.), di fattura greca, dipinto su quattro lati da pitture di notevole freschezza, e rilavorato in Etruria dove vennero aggiunte le iscrizioni coi nomi dei defunti. Numerose sono le urnette cinerarie di età ellenistica (sala IX e X) in terracotta e alabastro, provenienti da Chiusi e Volterra (Urnetta con scena di banchetto). Nella sala successiva cippi e urnette in pietra fetida, decorati da bassorilievi che illustrano i rituali funebri (Chiusi, VI-V secolo a.C.); da Tuscania e Bolsena arrivano i due leoni funerari (IV e VI secolo a.C.); da Norchia parte di un frontone di una "tomba a tempio" d'età ellenistica, rara tipologia tombale attestata a Norchia da due soli esemplari ancora in situ.
Nell corridoio le vetrine ospitano numerosi bronzetti votivi etruschi, di uso disparato, divisi per tipologia. In una piccola sala sono esposti gli specchi etruschi decorati a bulino, armi, elmi e corazze.
Nel giardino sono state ricomposte, con materiali il più possibile originari, alcune tombe etrusche, fra le quali spicca la Tomba Inghirami di Volterra, con le urne in alabastro originarie.


 

30 altri prodotti della stessa categoria: