Diogene

5581

Nuovo

Diogene di Sinope, detto il Cinico (Sinope, 412 a.C. circa – Corinto, 10 giugno 323 a.C.), busto in terracotta patinata.
 

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640,00 €



Scheda dati


Altezza 68 cm
Larghezza 50 cm

Ulteriori informazioni

Diogene di Sinope, detto il Cinico o il Socrate pazzo (Sinope, 412 a.C. circa – Corinto, 10 giugno 323 a.C.), è stato un filosofo greco antico. Considerato uno dei fondatori della scuola cinica insieme al suo maestro Antistene, secondo l'antico storico Diogene Laerzio, morì nel medesimo giorno nel quale Alessandro Magno spirò a Babilonia.

La principale fonte di informazioni sulla sua vita è fornita dall'opera di Diogene Laerzio. Nato a Sinope, antica colonia greca del Ponto (una regione costiera dell'Anatolia nord-orientale), secondo lo storico suo omonimo fu figlio d'un tal Icesio, un cambiavalute, che fu imprigionato, oppure esiliato, perché accusato di contraffare monete. Diogene si ritrovò anch'egli sotto accusa, e pertanto si spostò ad Atene assieme al proprio schiavo Mane che, al loro arrivo in Attica, si diede ben presto alla fuga, lasciando completamente solo il proprio padrone, che ebbe a dichiarare con la sua proverbiale ironia: «Se Mane può vivere senza Diogene, perché non Diogene senza Mane?».

Attratto dagli insegnamenti ascetici del filosofo socratico Antistene, divenne presto suo discepolo, a dispetto della rudezza con la quale era trattato e del fatto che costui non lo voleva come allievo, ma ben presto superò il maestro sia in reputazione che nel livello di austerità della vita. Le storie che si raccontano di lui sono probabilmente vere; ad ogni modo, sono utili per illustrare la coerenza logica del suo carattere e la sua irriverenza. Si espose alle vicissitudini del tempo vivendo in una piccola botte aperta che apparteneva al tempio di Cibele. Distrusse l'unica sua proprietà terrena, una ciotola di legno, vedendo un ragazzo bere dall'incavo delle mani ed esclamando:«Un fanciullo mi ha battuto nel vivere con semplicità»

In viaggio verso Egina, venne fatto prigioniero dai pirati e venduto come schiavo a Creta ad un uomo di Corinto chiamato Xeniade (o Seniade) diventando tutore dei suoi due figli nonché suo amministratore domestico. Venendo interrogato sul suo prezzo, replicò che non conosceva altro scambio possibile che quello con un uomo di governo, e che desiderava essere venduto ad un uomo che avesse bisogno di un maestro.

«E chiedendogli l'araldo che cosa sapesse fare, Diogene rispose: «Comandare agli uomini». Fu allora che egli additò un tale di Corinto che indossava una veste pregiata di porpora, il predetto Seniade, e disse: «Vendimi a quest'uomo: ha bisogno di un padrone».»
(Diogene Laerzio, Vite dei Filosofi VI, Vita di Diogene, 32)

Visse a Corinto per il resto della sua vita, che dedicò interamente a predicare le virtù dell'autocontrollo e dell'autosufficienza, abitando in una botte. Ai Giochi Istmici tenne discorsi a un pubblico consistente che lo seguiva dal periodo di Antistene.


 

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