venere medici - testa in marmo bianco di Carrara

venere medici - testa in marmo bianco di Carrara

Nuovo

Nostra produzione, copia di un gesso del '900 che riproduce la testa della Venere de' Medici, statua ellenistica in marmo della fine del I secolo a.C. conservatoa nella Tribuna della Galleria degli Uffizzi.

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1 Disponibile

2 400,00 €



Scheda dati


Altezza 36 cm
Larghezza 20 cm
Profondità 19 cm
Peso 15 Kg
Sporgenza massima 44 cm
Base della statua 12 X 10 cm
Luogo dove è esposto l'originale Galleria Palatina Firenze
Epoca storica I secolo a.C.
Manifattura Recuperando srl
Materiale Marmo bianco di Carrara

Ulteriori informazioni

La statua, una Venus pudica, si ispira, come le altre varianti del tema, all'Afrodite cnidia di Prassitele, con particolari similitudini con la Venere capitolina. L'opera arrivò a Roma in un momento imprecisato dell'antichità e forse decorava villa Adriana a Tivoli. Nel Rinascimento, con la febbre collezionistica delle grandi famiglie presenti in città, venne probabilmente acquistata dall'allora cardinale Ferdinando de' Medici per essere esposta a villa Medici, anche se la prima documentazione certa risale al 1638. Nel 1677 fu portata a Firenze da Cosimo III, che nonostante la sua reputazione di "bigotto", non si fece problemi a collocare la bella dea nuda nella Tribuna degli Uffizi. Da allora occupò un posto di privilegio nella collezione di statue antiche della galleria.

Simbolo della bellezza antica nel periodo neoclassico, fu ammirata da Napoleone, che chiese espressamente di vederla nel suo breve soggiorno in città nel 1796. Dopo la conquista dell'Italia e il trasferimento di beni artistici a Parigi (1803), la Venere fu tra le prime opere a venire portate via dalle spoliazioni napoleoniche del Granducato di Toscana. (1803), ma venne recuperata con la Restaurazione (1815). I francesi dal 1821 si consolarono con l'arrivo della Venere di Milo al Louvre, che fu oggetto di una "sponsorizzazione" programmata dalle autorità per celebrarne la bellezza e far dimenticare la statua fiorentina, nonostante questa fosse monca degli arti. Gli italiani ci guadagnarono anche la Venere italica del Canova, che era stata scolpita proprio come risarcimento per Firenze, oggi conservata alla Galleria Palatina di Palazzo Pitti.

John Ruskin descrisse la Venere de' Medici estasiato («una delle più pure ed elevate incarnazioni della donna mai concepite»), ma Charles Martin Robertson, in A History of Greek Art (1975) ne ridimensionò il valore artistico, appannandone la fama.
L'opera ritrae Venere al bagno, nella posizione pudica. Sulla base si trova la firma di "Cleomene, figlio di Apollodoro", ma non è chiaro se si tratti dell'autore originale o di un copista. La postura ricorda anche quella della Venere capitolina. Sulla gamba sinistra sono appoggiati un amorino su delfino e un cigno, che servono ad aumentare la stabilità dell'insieme.

Evidente è la ricerca di una resa naturalistica e idealizzata del corpo femminile nudo, che all'epoca aveva messo in secondo piano i significati sacrali legati alla figura della dea nelle rappresentazioni anteriori. Durante il restauro del 2012 sono state ritrovate tracce dell'originaria doratura nei capelli e fori nei lobi, a cui dovevano essere appesi orecchini.

Fonte Wikipedia


 

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